
Come parlare perché i ragazzi ci ascoltino & Come ascoltare perché ci parlino
Non mettiamoci in cattedra
Fondamentale è l’approccio e la comunicazione.
Non mettiamoci nel ruolo di chi vuole insegnare o ne sa di più, solo perché siamo più grandi (anche se sappiamo qualcosa o tutto).
Un approccio saccente è il modo giusto perché i nostri figli si chiudano a riccio e noi non sapremo più niente da loro.
Quando parliamo con i nostri ragazzi, ricordiamoci che il nostro obiettivo è essere informati su cosa fanno online e non far sapere a loro che noi sappiamo più cose.
Preferite far sapere che sapete o sapere cosa fanno e cosa usano?
I ragazzi sono furbi
Dico a voi, genitori, la stessa frase che dico durante i corsi di formazione agli insegnanti: “Prendiamo atto il prima possibile che loro, gli studenti, che poi sono i vostri figli, sono più “furbi” di noi.”
Perché?
- hanno più tempo libero per provare, vedere e scoprire.
- hanno amici della stessa età che usano app che conoscono loro.
- sono nati con questa tecnologia e per loro è tutto naturale.
- non hanno paura di provare.
Ma dobbiamo buttare la spugna noi genitori?
No, dobbiamo avere un po’ più di dimestichezza nel rapporto e nella comunicazione con loro.
Fingiamoci ingenui
Fingendoci ingenui loro, i ragazzi, vorranno insegnarci.
Raramente succede che si chieda qualcosa a loro.
Questa inversione di ruoli ci permette di entrare nel loro mondo e di ottenere la loro fiducia. Attenzione a non utilizzare quello che scoprirete, contro di loro. Non vi parleranno mai più! Vi chiuderanno la porta per sempre.
Facciamo domande
Predisponiamoci ad imparare da loro ed ascoltare.
Facciamoci vedere interessati, facciamo domande, le più disparate: “ma i tuoi compagni hanno la tua applicazione?”, “quali sono i tuoi compagni che la usano?”, “ma puoi parlare solo con i tuoi compagni o anche con compagni di altre classi?”ovvio che qualsiasi adulto che usa whatsapp o messenger sa già la risposta.
Ma lo ripeto, in questo momento non dobbiamo fare la figura del genitore che sa, ma del genitore che impara.
Se vi dicono cose che già sapete, fate finta di non saperlo e chiedete sempre a loro cos’è e come funziona.
La frase: «ma papà o mamma ma non sai proprio niente!» oppure «ma non hai ancora capito come funziona?» sono le frasi che dobbiamo sperare di sentire.
Tutto subito?
Dobbiamo fare un interrogatorio con la lampada puntata contro gli occhi e dobbiamo sfinire i nostri figli?
Assolutamente no.
Anche se la nostra ansia, preoccupazione o curiosità ci spingerebbe a martellare i nostri figli, dobbiamo chiedere le cose poco per volta.
Il giorno dopo chiediamo qualcosa di nuovo… .
E allora, facendo finta di averci pensato o cadendo dalle nuvole, potete chiedere: “Ma posso parlare anche con qualcuno che non conosco di un’altra scuola o di un’altra città?”
E dopo essere passati più giorni e aver fatto varie domande, siamo arrivati alla domanda che avevamo in testa dal primo momento.
Quello che ci interessa sapere è se i nostri figli parlano con qualcuno che non conoscono e ancora più importante se sono in grado di capire se dietro all’amico sconosciuto non c’è invece un adulto.
Quindi chiediamo: «ma sei sicuro che chi ti contatta che non conosci, sia realmente la persona o il ragazzo che dice di essere?»
Quando facciamo le domande, alcune volte sono domande a cui diamo poca importanza, altre volte sono domande fondamentali e in quel caso, dobbiamo stare molto attenti e concentrati sulla risposta.
Impariamo ad “ascoltare con gli occhi”, la risposta che non è data solo dalle parole che ci vengono dette, ma dalle emozioni che compaiono sul viso.
Se vostro figlia ingenuamente dice non mi contattano o non parlo con persone che non conosco, e lo dice con la massima ingenuità e spensieratezza, avete già risolto il problema.
“Tu pensa che uno, un giorno. in chat mi ha detto che voleva baciarmi i piedi, ma io l’ho bannato subito”
Quanti pensieri ci sono partiti nella testa?
Quante preoccupazioni ci sono apparse davanti?
Qui è importante come gestiamo la risposta.
Non partiamo in quarta con una bella ramanzina, non mettiamoci ad urlare o, peggio, sequestriamo il cellulare.
Ragioniamo, se usiamo questo comportamento i nostri figli ci racconteranno ancora qualcosa?
Ma allora dobbiamo far finta di niente e lasciar correre?
Ma no, ma qui il soggetto dell’azione cambia.
Adesso il soggetto non è più nostro figlio ma siamo noi genitori.
Siamo “sul pezzo” e nonostante tutte le preoccupazioni che ci girano per la testa, dobbiamo essere capaci di gestire molto bene la situazione perché abbiamo sempre due obiettivi da raggiungere: mettere in sicurezza nostro figlio e tenere aperto un canale di comunicazione con lui.
A questo punto cosa fare?
Ci possono essere due strade: se pensate di gestire la situazione con calma affrontate subito il tema, se invece pensate che la vostra emotività sia troppo alta, prendetevi un giorno in più e riaffrontate l’argomento il giorno dopo.
Il ruolo dei genitori
E’ chiaro che la nostra età ci porta ad avere una capacità di analisi e di interpretazione che è assolutamente diversa da quella dei nostri dai nostri figli, come è diversa la nostra percezione del rischio. Questa nostra capacità ci permette di capire cosa fanno e quali sono i rischi che potenzialmente corrono i nostri figli.
La differenza tra noi e loro è la capacità di ragionamento diversa in base alle informazioni e a quello che vediamo.
Generalmente i ragazzi, bloccano quelli che non conoscono.
La carta da giocare e l’atteggiamento da tenere in questi casi è quello della collaborazione.
Lo so che le prime reazioni sarebbero completamente diverse ma, non perdiamo di vista l’obiettivo: tutelare e proteggere i nostri figli.
E qui esce la frase, madre di tutte le frasi, l’ho sperimentata più volte nei miei incontri in classe e possiamo paragonarla alla ciliegina sulla torta: «se hai qualche problema vieni pure a parlarne con me perché ti prometto che troveremo una soluzione assieme e stai tranquillo che non ti porterò mai via il cellulare.»
Perché considero questa la frase più importante?
Perché dobbiamo pensare e immedesimarci nella testa di un ragazzo di questa età e che importanza ha per lui il cellulare.
Vogliamo provare un’altra opzione?
Possiamo portare via il cellulare per sempre?
Se nostro figlio ha paura che gli verrà portato via il cellulare, parlerà ancora con noi se dovesse avere un problema di adescamento?
E siamo sicuri che sarà in grado di gestire da solo certe situazioni?
Quando diciamo non ti porterò mai via il cellulare, non stiamo abdicando in favore dei figli, non stiamo perdendo autorevolezza e non siamo nemmeno sotto scacco dei figli.
Stiamo proteggendo i nostri figli e stiamo insegnando i giusti mezzi per proteggersi.
Difficile farlo come genitore?
Assolutamente si!
Fare il genitore: un lavoro difficile
Ma mi dite un “lavoro” più difficile del genitore?
Vi lascio con questo aforisma che penso riassuma molto bene:
“L’impresa più difficile dell’essere genitori è lasciare che le nostre speranze per i figli abbiano la meglio sulle nostre paure.” (Ellen Godman)
Vedi anche Adescamento Online parte 1 – Il pericolo corre sul Web
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