Dall’analisi delle diverse tipologie emerge chiaramente che, a differenza di quanto accade nel tradizionale bullismo, quasi sempre le azioni prevaricatorie digitali si configurano come comportamenti antigiuridici, azioni, cioè, che violano le norme contenute nel codice penale.
Senza entrare nello specifico dei rapporti tra bullismo, cyberbullismo e criminalità minorile concentriamo la nostra attenzione esclusivamente sulle differenze tra “bullismo off line” e” bullismo on line”.
Tali categorie sebbene imparentate dalla presenza di un capostipite comune, l’aggressività, presentano, infatti, numerose area di divergenza :
- mentre i bulli sono studenti, compagni di classe o di Istituto conosciuti dalla vittima, i cyberbulli possono essere anonimi, fingersi anonimi e sollecitare l’inclusione di altri “amici” anonimi, in modo che la persona spesso non è neanche a conoscenza dell’identità di coloro con i quali sta interagendo;
- mentre le azioni bullistiche vengono generalmente raccontate ad altri studenti della scuola in cui sono avvenuti i fatti o ad amici frequentanti scuole limitrofe, restando, di fatto, abbastanza circoscritte nello spazio, il materiale cyberbullistico può essere diffuso in tutto il mondo;
- mentre nel bullismo è facile riscontrare una media disinibizione sollecitata dalle dinamiche del gruppo classe e dai meccanismi di disimpegno morale, nel cyberbullismo si rileva un’alta disinibizione: i cyberbulli tendono a fare online ciò che non farebbero nella vita reale;
- mentre nel bullismo, il bisogno di dominare nelle relazioni interpersonali è correlato alla inevitabile visibilità del bullo, il cyberprepotente può usare la presunta (ricordiamo, infatti, che ogni computer lascia delle “impronte” che possono essere identificate dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni) invisibilità – “Tu non puoi vedere me!”- per esprimere, ugualmente, potere e dominio;
- mentre nel bullismo riscontriamo una presenza di feedback tangibili da parte della vittima ai quali il bullo non presta sufficientemente attenzione, nel cyberbullismo, la mancanza di feedback tangibili sul proprio operato – “Io non posso vedere te”! – può maggiormente ostacolare la comprensione empatica della sofferenza provata dalla vittima;
- mentre nel bullismo è facilmente riscontrabile la deresponsabilizzazione (“Stiamo scherzando”, “Non è colpa mia”), nel cyberbullismo è possibile rilevare anche processi di depersonalizzazione: le conseguenze delle proprie azioni possono essere, infatti, ascritte alla “personas” o “avatars” (alter ego virtuale) create;
- mentre nel bullismo, solo il bullo, il gregario e il bullo-vittima (vittima provocatrice) agiscono prepotenze, nel cyberbullismo, chiunque, anche chi è vittima nella vita reale o ha un basso potere sociale, potrebbe diventare un cyberbullo;
- mentre nel bullismo gli spettatori, quasi sempre presenti, osservano i comportamenti prevaricatori dei bulli nei confronti di una vittima che conoscono, nel cyberbullismo gli spettatori possono essere assenti, presenti, conoscere la vittima o ignorare la sua identità.
Quando sono presenti, possono, inoltre, assumere una funzione passiva (se si limitano a rilevare, nelle proprie E-mail, SMS, Chat, atti di cyberbullismo diretti ad altri) o attiva (se scaricano – download – il materiale, lo segnalano ad altri amici, lo commentano e lo votano, diffondendolo). Il contributo attivo può essere fornito su sollecitazione del cyberbullo (reclutamento volontario) oppure, su spinta autonoma, senza, cioè, aver ricevuto specifiche ed espresse richieste (reclutamento involontario).
Contatti:
Presidente: Gino Fanelli
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