Dopo aver partecipato alla manifestazione e assistito al nostro intervento collettivo al Politeama, il giornalista Giacomo Bertoni ha scritto questo articolo per il quotidiano locale, La Provincia Pavese.
Grazie!
— “PAVIA. «Se un ragazzo picchia un suo compagno perché questo è più debole, è un bullo. Ma se mentre lo picchia gli altri compagni filmano tutto e poi condividono sui social i video, allora anche loro sono bulli, in questo caso “cyberbulli”».
Non ha fatto sconti Gino Fanelli, presidente di Helpis Onlus, durante il workshop al cinema teatro Politeama ieri mattina in occasione della manifestazione “#NoCyberBully”. Pochi minuti prima, oltre 250 studenti delle scuole medie di Pavia si sono ritrovati in piazza Vittoria per formare un grande “no umano” a questa nuova forma di bullismo. «Voi siete i protagonisti di questa giornata – ha detto Alice Moggi, assessore alle politiche sociali – e spetta a voi decidere se dire sì o no al cyberbullismo».
Ragazzi protagonisti anche dell’intervento di Fanelli. Perché i genitori sono preoccupati dal cyberbullismo? «I genitori sono preoccupati perché hanno paura che se qualcuno ci ferisce, se non siamo abbastanza forti, possiamo sentirci molto male e decidere di farci del male», risponde un Davide. «Molti genitori hanno paura perché sanno che dopo queste cose non si può tornare indietro», aggiunge Sara. Perché esistono i bulli? «I bulli sono ragazzi che non vogliono manifestare la paura, e la paura nascosta genera odio», spiega Giada, «I bulli sono cresciuti senza i genitori vicino quindi vedendo un bambino o un ragazzo felice con i suoi genitori vogliono far soffrire anche lui», dice Gianluca. Paura di non essere accettati, insicurezza, problemi famigliari: i ragazzi dimostrano di conoscere molto sulle cause del bullismo.
Emerge poi una grande competenza tecnica nell’uso degli smartphone, non accompagnata però dalla consapevolezza: «Capita di fare qualche video divertente, è vero, magari per prendere in giro un amico – ammette un ragazzo – però non lo pubblico sui social, lo mando solo a pochi amici via WhatsApp». Ma così si perde il controllo del contenuto: «Ci sono foto e video che non vanno fatti mai, né tantomeno condivisi – ha ricordato Fanelli – basta una sola condivisione per ferire profondamente una persona. E, una volta messo in giro immagini e video, non si può più tornare indietro». (g. bert.) “